PORTESE


Prima di parlare della chiesa di S. Giovanni, soffermiamoci, sia pur brevemente, nella placida terra di Portese che dista dal capoluogo circa un chilometro. Questo piccolo borgo era un tempo paese di pescatori “… che alle onde del Benaco affidava i più robusti suoi figli”. Infatti, fino a qualche decennio fa, la maggior parte della popolazione di Portese traeva il proprio sostentamento dall’esercizio della pesca, a differenza di San Felice la cui economia era tradizionalmente basata sull’agricoltura. Nell’antichità e nel Medioevo le vicende storiche di Portese furono legate a quelle di San Felice, fino alla distruzione di Scovolo (1279), quando nel borgo lacustre fu eretto un castello e si costituì la comunità di Portese e di Trevignane. Per quanto riguarda l’ambito amministrativo, i centri di San Felice e di Portese furono riuniti in epoca napoleonica, successivamente divisi, e quindi definitivamente unificati nel 19272. Etimologicamente il toponimo viene fatto derivare da “portensis”, aggettivo di Portus. Da alcuni viene definito porto della Valtenesi, “Valle Ateniese”, porto ateniese, da cui Portese; ma sono solamente ipotesi, poiché mancano epigrafi e testimonianze di quel remoto passato3. Il borgo, nei primi documenti scritti, era chiamato Portesio. Nei secoli XV e XVI Portese fu patria d’origine di valenti stampatori, di cui può andare fiera. Il maggiore e più noto fu, senza dubbio, Bartolomeo Zani, il quale stampò nel 1489 gli “Statuti civili e criminali” della Magnifica Patria, oltre ad altre edizioni molto richieste a Venezia. A questo personaggio è dedicata una via di Portese. A Venezia esercitò la professione di stampatore Agostino de Zani di Portese, forse figlio di Bartolomeo. Nel XVI secolo assunsero risalto Bartolomeo Zamaria, Lorenzo Lario o Orio, Andrea Arrivabene e Antonio Putelletto che stampò a Verona dal 1539 al 1546. Quest’ultimo, nella visita pastorale del 1541, svolgeva il compito di maestro a Portese. Nella terra di Portese non mancano vitigni che producono un vino eccellente ed abbondano gli oliveti che donano un olio di straordinaria fragranza. La bontà delle colture tradizionali è assicurata dalla natura del terreno dell’anfiteatro morenico benacense. Si potrebbero raccontare moltissimi aneddoti relativi agli scambi di prodotti tra i lavoratori della terra ed i pescatori. Nella narrazione biblica il mondo della pesca e quello dell’agricoltura erano ben distinti; per i nostri avi, invece, il pesce, il vino e l’olio erano ugualmente necessari, fonti di sostentamento e, talora, di ricchezza. Sempre riguardo alle attività economiche di Portese, ho raccolto alcune testimonianze su una cava di sabbia situata tra il porto e la punta Corno. Ai primi del Novecento il luogo di estrazione del materiale, ritenuto di ottima qualità, venne preso in affitto da Enrico Efti di Salò, il quale produceva forati di cemento per la costruzione di ville e alberghi a Gardone e a Maderno. I manufatti e la sabbia venivano trasportati via lago. Negli anni Trenta la cava venne affittata all’impresario salodiano Pasquale Rusinenti. Attorno al castello sorsero le abitazioni che diedero origine al tradizionale agglomerato tranquillo di cui si notano ancora oggi le costruzioni più antiche. Uno dei grandi edifici del Seicento è il palazzo Novelli a Trevignane. Nei primi anni del Novecento furono costruiti caratteristici edifici privati, come la villa in stile Liberty realizzata nel 1909 in località Porticcioli dal piemontese Lubatti, generale dei Granatieri; su di un muro esterno dell’abitazione si nota il significativo motto “Sol di silenzi pago”. Oggi la dimora appartiene alla famiglia Nocivelli di Verolanuova. L’eclettica villa Portesina fu fatta costruire dal barone francese La Fontaine nel 1911. Attualmente ne è proprietaria la “Fondazione Bravi”. Ritornando alla località Porticcioli, occorre ricordare che la stessa ha sempre fatto parte del comune di San Felice; in passato era sede di una fucina, fino agli anni Trenta, quando la famiglia Manovali vi attivò un mulino. Nel 1920 i fratelli Battista e Carlo Manovali furono i primi ad ottenere il servizio di trasporto pubblico a motore sul lago di Garda15. Troviamo altri esempi di edifici in stile Liberty in prossimità del porto, come la casa acquistata negli anni Venti da Casimiro Morosi, quindi trasformata in albergo e denominata “Bella Vista”. Possiamo ammirare anche villa Maria, già villa Mazza, che con la sua elegante torretta domina il golfo di Salò. Villa Gilda, immersa nel verde, nel secondo Dopoguerra fu abitata dal deputato veronese Castellarin; su questo personaggio si ricorda un aneddoto singolare; un giorno egli diede un passaggio con la sua auto al parroco di Portese e durante il tragitto così gli si rivolse: “Si sentirà onorato di salire sull’automobile di un deputato…”. Il sacerdote, con molta calma, rispose: “Lei sarà onorato di avere sulla sua automobile un ministro, naturalmente di Dio”16. Oggi villa Gilda è di proprietà della famiglia Bella. Incontriamo un’altra espressione del Liberty nella grande villa situata in paese in via Bertazzi al civico n. 13, fatta costruire dalla famiglia Angelini di Salò; gli attuali proprietari sono gli eredi Grazioli, della famiglia di don Bartolomeo Grazioli, impiccato dalla polizia austriaca il 7 dicembre 1852 sugli spalti della fortezza di Belfiore a Mantova, insieme ad altri quattro patrioti, impegnati in una raccolta di fondi a favore di un Prestito nazionale lanciato da Giuseppe Mazzini per la causa italiana. È passato alla storia come uno dei “Martiri di Belfiore”.

 

CASTELLO DI PORTESE

In fondo all’attuale via Costanzo Ciano di Portese sorgeva anticamente un castello eretto nell’alto medioevo con la funzione di ricettacolo a difesa dalle scorrerie dei barbari. Dell’antico edificio oggi rimane soltanto un mozzicone di una torre circolare. A sinistra rispetto all’entrata aveva sede la Biblioteca comunale istituita nel 1973 (che, dal 2009, risiede in via Chiusure presso l’ex-scuola elementare); sulla destra si trova il centro di raduno del Gruppo Alpini di Portese, utilizzato anche come luogo d’incontro degli anziani della frazione. Consultando gli archivi, scopriamo notizie relative al castello di Portese nel catasto del 1656 della Magnifica Comunità della Riviera, laddove l’edificio è descritto come “murato, coppato e solido”, evidenziando come al suo interno fosse solito radunarsi il Consiglio.

 

Verso la fine del Medioevo i fedeli di Portese avevano come luogo di culto un’antica chiesetta a capanna e ad aula unica, dedicata alla nascita di S. Giovanni Battista.
Nel 1459 i ministri del modesto edificio si staccarono dalla Pieve di Manerba passando sotto il giuspatronato dell’abate di Leno ed acquisendo il diritto di amministrare i sacramenti. Durante la peste del 1530 la comunità di Portese fece voto di erigere, una volta cessato il flagello, un nuovo altare per il implorare il Signore affinché il morbo non tornasse mai più. Fu così che nel XVI secolo il tempietto fu radicalmente trasformato.

I lavori -come si legge in una lapide collocata sopra la porta principale- ebbero inizio nel 1585, e la chiesa fu consacrata dieci anni dopo, il 4 ottobre 1595, dal vescovo Alberto Valier. Circa tre secoli dopo, nel 1885, il parroco don Valerio Bertazzi, per armonizzare e rendere omogenea la struttura religiosa, si rivolse al più noto architetto bresciano di quel tempo, Antonio Tagliaferri (1835-1909). I lavori di restauro e di trasformazione cominciarono il 24 luglio 1885 e terminarono il 23 novembre 1889. Il 19 settembre 1891 il vescovo di Verona Bartolomeo Bacilieri diede la benedizione al tempio rinnovato.

Gli interventi del Tagliaferri, coadiuvato da valenti artisti, si concentrarono particolarmente nella zona absidale e nel rifacimento della volta, rispettando gli antichi altari laterali; inoltre egli fece togliere le sepolture dall’interno e le fece collocare sul sagrato. Il pavimento fu rifatto con marmo rosa di Torri del Benaco, bianco di Mazzano e nero di Sarnico, mentre la balaustra di forma circolare fu realizzata in marmo di Botticino.
Di notevole rilevanza artistica sono i due altari in legno dorato collocati sulla destra rispetto all’entrata: l’uno è dedicato al Crocefisso, racchiuso in una teca di vetro; il secondo presenta una nicchia centrale nella quale è posta la statua di San Giuseppe.

Visitando la parrocchiale di Portese, è inoltre opportuno soffermarsi ad ammirare la pala secentesca di Sant’Antonio da Padova con il Bambino Gesù e angioletti; il fonte battesimale in marmo bianco e rosso; l’altare posto sulla sinistra dedicato alla Madonna, la cui statua lignea del XVII secolo è chiusa in una teca di vetro ed incorniciata dai misteri del Rosario. L’altare maggiore, in legno finemente scolpito e dorato, è dominato dalla pala centrale che rappresenta la nascita del Battista, opera dell’insigne pittore Grazio Cossali (1563-1629), eseguita nel 1621.