La nostra passeggiata ci conduce alla chiesetta di San Fermo.
Dal grazioso promontorio che si eleva nella zona posteriore al piccolo edificio è possibile ammirare dall’alto uno dei gioielli del nostro lago, l’isola del Garda, compresa appunto nel Comune di S.Felice del Benaco.
L’area insulare fu abitata fin da tempi remoti, come attestano i ritrovamenti di antiche abitazioni, resti di palafitte e stazioni lacustri probabilmente preistoriche. Epigrafi sacre e funerarie sembrerebbero testimoniare la stabile presenza umana sull’isola anche in era romana.
Nell’alto medioevo l’isola fu donata ai monaci di S. Zeno di Verona.
Nei secoli successivi la tranquillità mistica del luogo attrasse eccezionali figure del mondo religioso medioevale e rinascimentale: alcuni storici riferiscono della presenza temporanea di San Francesco d’Assisi; altri parlano di Sant’Antonio da Padova, di San Bernardino da Siena e del padre Francesco Lechi di Brescia, meglio conosciuto come Licheto, erudito scrittore, filosofo e teologo.
È certo che nel XVI secolo sorgeva sull’isola una fiorente scuola francescana. I frati vivevano di carità, andando alla questua nel territorio bresciano e in quello veronese. Pertanto la piccola comunità insulare poteva disporre di un porticciolo, utilizzato anche dai pescatori della Riviera nei casi di emergenza.
Tuttavia, con il passare del tempo, il convento francescano perse lentamente la sua rinomanza e la sua centralità religiosa: i monaci si ridussero ad una quindicina, mentre continuarono ad affluire i chierici neo professi per lo studio della teologia, della filosofia e della retorica. Il monastero divenne un’oasi di ritiro e di preghiera dove i novizi si recavano per godere spiritualmente della solitudine.
Secondo alcuni studiosi, i frati contribuirono in modo determinante all’introduzione delle colture dei cedri e dei limoni, che conferirono all’isola l’aspetto forse più colorito e gioioso della Riviera Gardesana. Arriviamo così agli ultimi anni del Settecento quando la Repubblica di Venezia soppresse l’ordine dei padri dell’isola. Tale decisione fu confermata da un proclama napoleonico del 1798.
L’area insulare -acquisita alla proprietà del Demanio- rimase deserta, il convento fu abbandonato, divenendo rifugio di vandali e malviventi. In seguito, questo incantevole territorio circondato dalle acque del lago fu oggetto di ripetute cessioni. Si ricorda in particolare il conte Luigi Lechi il quale fece restaurare il convento trasformando quei ruderi in una decorosa villa, nella quale furono ricevuti e soggiornarono numerosi politici, letterati e artisti tra cui il compositore bergamasco Gaetano Donizetti. Dopo il 1860 la proprietà passò al governo, il quale diede inizio ad alcune opere di fortificazione, interrotte nel 1866 quando il Veneto fu annesso al Regno d’Italia.
Il duca De Ferrari di Genova e la sua famiglia abbellirono il giardino semiabbandonato aggiungendo ai limoni, agli aranci ed agli olivi piante annose, esotiche e tropicali. Prima della morte del duca, avvenuta nel 1893, la famiglia De Ferrari decise di sostituire la villa Lechi con un grande palazzo in stile gotico-veneziano, che fu progettato dall’architetto genovese Luigi Rovelli e realizzato negli anni 1900-1902. L’imponente edificio troneggia nella verde solitudine.
Con le finestre a monofore ogivali-trilobate, le colonne, la torre con il suo loggiato ed i pinnacoli bianchi, sembra un gigantesco ricamo che gioca con la luce del sole, vigoroso custode quando la natura si scatena.
I De Ferrari lasciarono l’isola in eredità all’unica figlia Anna Maria, la quale, nel 1895, andò in sposa a Scipione Borghese principe di Sulmona: ella portò in dote al marito l’isola del Garda, ricevendo quale compenso il titolo di principessa.
La sorte della nobildonna fu tuttavia tragica, in quanto nel 1924 scomparve nei gorghi del lago e le sue spoglie non furono più recuperate. D’altro canto, il principe Scipione Borghese rimane nella storia per le sue leggendarie imprese: spedizioni, scalate e, in particolar modo, per la vittoria nel raid automobilistico Pechino-Parigi, svoltosi nel 1907. I coniugi Borghese ebbero due figlie, donna Santa e donna Livia (1901-1969). Quest’ultima andò sposa al conte bolognese Alessandro Cavazza, il quale divenne proprietario dell’isola.
Il terzo figlio della coppia, Camillo (prematuramente scomparso nel 1981), ereditò quell’incantevole paradiso gardesano, dimostrandosi sempre amante della natura. I sette discendenti del conte Camillo Cavazza continuano l’opera del padre e la storia dell’isola.